Benvenuto su IBC a Stefano Andreotti
Grazie di essere qui, sono molto contento di ricevervi.
Chi è Stefano?
Sono il terzo di quattro figli di Giulio Andreotti. Ho 72 anni e sono pensionato dopo aver lavorato per oltre 40 anni nella Siemens. Una volta andato in pensione mi sono dedicato insieme a mia sorella alla memoria di mio padre soprattutto attreverso l’immenso archivio privato di mio padre che lui ha donato, ancora in vita, all’Istituto Don Luigi Sturzo con la clausola che potesse essere consultato da chiunque ne avesse interesse. Si tratta di 3500 faldoni per quasi 700 m lineari. Io e, soprattutto mia sorella, ci stiamo dedicando alla catalogazione che attualmente è circa al 50%. Esistono inoltre i diari (che partono dal 1942) e da cui stiamo traendo dei libri: “I diari segreti”, sugli anni 80, “I diari degli anni di piombo” sugli anni 70, ed uno di lettere private a mamma Livia “Cara Liviuccia”. Di tutte le figure della Prima Repubblica quella di mio padre è sicuramente quella su cui si è detto di tutto e di più per cui, io e Serena, ci occupiamo di raccontare chi era il vero Giulio Andreotti.
Che padre era Giulio Andreotti?
Un babbo molto assente, proprio come tempi. Aveva un ritmo di vita pazzesco, la sua giornata iniziava alle 4:00, 4:30 e cominciava a lavorare a casa. Usciva alle 6:30, andava a messa e poi, per pigrizia andava a farsi fare la barba dal barbiere e si concedeva solo una pennichella di un quarto d’ora nel pomeriggio. Andava in ufficio tutti i giorni, sabato, domenica e festivi compresi. Alla famiglia dedicava il pomeriggio della domenica. Nonostante i tantissimi impegni ci teneva che il sabato e la domenica pranzassimo tutti assieme e il pranzo della domenica era il momento di incontro di tutti gli Andreotti presenti a Roma, figli e nipoti, e questo fino alla sua fine. Mia mamma, di cui babbo si fidava ciecamente, ebbe da lui una sorta di “delega in bianco” sulla nostra educazione e lei è la vera capofamiglia che ci ha seguito e cresciuto.
Soprattutto nei primi anni ci impartì un’educazione molto severa ed infatti babbo la chiamava “colonnella’ o “marescialla”. Mamma era rigida mentre babbo ci permetteva tutto. Se mio padre mancava nelle ore da dedicarci, sopperiva con un rapporto di grandissima attenzione qualitativamente straordinario. Sia noi figli che i nipoti abbiamo avuto con lui un rapporto molto molto forte.
Quanto si amavano Giulio e Livia?
Per mio padre mamma è stata il punto di riferimento, l’ancora cui attaccarsi in ogni momento della vita sia positivo che negativo. Si sono sposati nel ‘45, poco prima della fine della Guerra, e sono stati insieme fino al 2013, quando lui è scomparso, in un’unione durata 68 anni. Mamma, non amava la vita pubblica ma lo ha spesso seguito. Non ho mai sentito grandi litigi nonostante lei fosse più irruenta, anche nelle cose politiche, mentre mio padre è sempre stato un fautore della mediazione.
Un’immagine dell’infanzia con papà?
Mio padre aveva un rapporto terribile con l’attività fisica, è stato di una pigrizia terribile e non ha mai fatto sport, ma quando tornava stanco da lavoro lo facevo giocare a palletta in corridoio.
Come conobbe De Gasperi?
De Gasperi, che era già un personaggio importante ed era finito nei guai durante il Ventennio fascista, era bibliotecario presso la Biblioteca Vaticana e mio padre lo conobbe lì dove era andato per alcune ricerche sulla Marina Pontificia. Insieme parteciparono alla costituzione della Democrazia Cristiana e cominciarono la loro lunga collaborazione. Mio padre, sulla scia di De Gasperi, partecipò alla Consulta Nazionale e poi fu eletto alla Costituente. Nel ‘47 De Gasperi lo chiamò a fare il Sottosegretario alla Presidenza.
Come è stato essere figlio di Giulio
Andreotti?
Mio padre ha sempre detto che un suo vanto era quello di aver tirato su, chiaramente con l’aiuto di mamma, “una famiglia sanamente normale”. Abbiamo vissuto più o meno come tutte le famiglie. Io ho avuto, come tutti, amici di ogni estrazione e pensiero politico. Certo in alcuni anni il cognome aveva il suo peso, non posso dire di non aver avuto vantaggi, qualche porta si è aperta.
Nessuno di voi fratelli ha intrapreso la carriera politica?
Mio padre non avrebbe voluto e nessuno di noi ha avuto interesse a farlo
Per parte mia se mi fossi presentato in Parlamento, mi avrebbero dato un collegio facile ma penso che sia molto meglio fare la propria vita professionale con le proprie forze. Credo di aver fatto una vita professionale bella, soddisfacente, un lavoro che mi piaceva e di aver, dopo tanti anni, lasciato un buon ricordo.
Parliamo di rapporti di Giulio Andreotti con alcuni personaggi. Cominciamo con Madre Teresa di Calcutta.
Mio padre ebbe con lei un rapporto di venerazione assoluta, non posso dire fossero amici, ma ebbero un rapporto straordinario. Mio padre ha cercato per quanto possibile di aiutarla non solo in Italia ma anche all’estero. C’è anche una bellissima corrispondenza
epistolare ed in calce ad una di queste lettere, Madre Teresa scrisse “mi raccomando mi benedica come io faccio tutti i giorni per lei”.
Giovanni Paolo II?
Un altro Santo con cui ebbe un grande rapporto durato una vita. Spesso si incontravano in occasioni ufficiali ed anche private, quando mio padre lo invitava a mangiare per discutere dei rapporti tra Italia e Polonia e Unione Sovietica.
Cossiga?
Si conoscevano dalla notte dei tempi, ebbero un rapporto profondo e di grande stima. Su tanti aspetti ci furono prese di posizione non collimanti ma Cossiga fu uno dei pochi che mio padre incontrava anche in vacanza.
Craxi?
Craxi era più giovane di 10 anni, lui milanese e irruente, mio padre romano e bonario. Inizialmente ebbero qualche baruffa ma le cose cambiarono dall’83 quando Craxi fu a Palazzo Chigi e chiamò mio padre al Ministero dell’Estero da allora ebbero un rapporto intensissimo. Anche quando entrambi ebbero qualche problema, mantennero un rapporto stretto e mio padre cercò di farlo ritornare in Italia senza che fosse arrestato ma non ci riuscì e gli dispiacque molto.
Cosa rappresentava Roma per suo padre?
Mio padre era romano, nato e vissuto nel cuore di Roma. Era la sua vita, conosceva ogni strada, vie, vicoletti, persone ed abitudini, il Vaticano. Era profondamente romano nel modo di pensare, nel suo ritenere che ogni cosa si sarebbe risolta col tempo.
Qual è l’eredità più grande in termini morali?
Ci ha insegnato in qualsiasi rapporto di essere quanto più è possibile aperti, mai chiusi. Inoltre di fare qualsiasi cosa, soprattutto quelle importanti, con una grande serietà.
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