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Esposito Paolo

Benvenuto Paolo Esposito.
Grazie infinite. Per me è un grande onore. Raccontare il mio percorso in questo contesto è un’occasione speciale per riflettere su quanto fatto e magari, chissà, ispirare qualcun altro.

Quando eri bambino, quale lavoro sognavi di fare?
In realtà volevo seguire le orme di mio padre, che era un dirigente Fiat. Il suo percorso professionale mi affascinava. Tuttavia, lui stesso mi ha “deviato” da quella strada: non voleva che lavorassi in Fiat. Così ho intrapreso una via diversa, più tortuosa ma profondamente mia.

Cosa volevano i tuoi genitori per il tuo futuro?
Quando ero nei Carabinieri, loro speravano che restassi. Avevo fatto l’ausiliario e poi anche la riafferma. Mi dicevano: “Hai un posto sicuro, perché non resti?”. Ma sentivo che dovevo fare altro. È stato allora che è arrivata una chiamata inaspettata…

Raccontaci di quella chiamata.
Un’azienda torinese, la CEAT Cavi, cercava personale. Producevano cavi telefonici e stavano entrando nel mondo della fibra ottica. Entrai come capo squadra e nel giro di due anni diventai capo reparto. Lì ho capito quanto mi piacesse gestire persone, creare unione, coordinare. Ma poi arrivò una crisi aziendale…

Immagino non sia stato facile.
No, per nulla. Fummo messi in cassa integrazione. Ma fu proprio in quel momento che lessi un annuncio: “Cercasi agenti immobiliari”. Quel titolo mi incuriosì, mi provocò qualcosa dentro. E così feci il colloquio con Tecnocasa. Il mio direttore non voleva che andassi in cassa integrazione, ma io sentivo che era il momento di provare.

È iniziato così il tuo percorso nel mondo immobiliare. Ti ricordi la tua prima vendita?
Come dimenticarla? A Torino, in Piazza Santa Rita. Il mio titolare mi disse: “Vai da solo, ce la puoi fare”. Era un’offerta sotto prezzo, un’operazione non semplice. Ma ci misi il cuore, la passione, l’umanità. E i clienti accettarono. Scendere da quell’ascensore dopo la firma fu una delle emozioni più forti della mia vita.

Hai spesso parlato del tuo mentore. Chi è stato?
Alessandro Manzoli. È stato fondamentale per me. Mi ha insegnato a trattare il cliente con rispetto, ad approcciarmi con eleganza, a non essere mai aggressivo. Era un uomo di equilibrio e stile. Ancora oggi lo sento: è rimasto un punto fermo nella mia vita.

Cos’è che ti ha sempre mosso nel tuo lavoro?
La passione. Quando ami davvero ciò che fai, non guardi l’orologio. Ti rendi conto che sei rimasto ore senza accorgertene. È qualcosa che senti dentro, e che si rinnova ogni giorno.

So che sei stato anche sportivo. Cosa ti ha insegnato lo sport?
Tantissimo. Ho iniziato con il nuoto agonistico, poi sono passato al calcio. Capitano, portiere, leader. Ho imparato il valore del gruppo, del sostegno reciproco. Lo sport mi ha forgiato: resistenza, disciplina, capacità di rialzarmi dopo ogni caduta.

Quanto hanno contato i lavoretti estivi nella tua formazione?
Sono stati fondamentali. A 14 anni mio padre mi mandò in officina. Lavoravo 12 ore al giorno, pulivo con la segatura e il cherosene. Lì ho imparato il valore della fatica. Quei 576.000 lire del primo stipendio per me erano un trionfo. Un insegnamento di vita.

E oggi? Qual è il tuo punto di forza?
Saper ascoltare. Il mio mentore diceva: “Ascolta di più, parla di meno”. E aveva ragione. Quando ascolti davvero, capisci le persone. E puoi offrire risposte vere, su misura.

Parli spesso di obiettivi. Come li vivi?
Gli obiettivi sono la mia bussola. Ogni operazione chiusa è già un nuovo punto di partenza. Non mi fermo mai. Ho due figli, uno si sta per laureare, l’altro ha appena iniziato giurisprudenza. Gli obiettivi sono la struttura della mia vita, e cerco di trasmetterli anche a loro.

Se potessi tornare indietro nel tempo, cosa diresti al giovane Paolo?
Di studiare un po’ di più, forse. Di dare retta ai genitori. Ma rifarei tutto, perché anche gli errori mi hanno insegnato qualcosa. Ho imparato il valore dell’impegno, dell’essere presenti, ovunque fossi.

E oggi, sei felice?
Sì, profondamente. Ho costruito tanto, con mia moglie, con sacrificio. Ho lasciato Torino per amore, sono emigrato al contrario. Ma oggi so di essere dove devo essere. E ne sono grato.

Cosa ti rende unico come consulente immobiliare?
Tre cose: passione, preparazione, dedizione. Conosco il mio mestiere e metto il cliente al centro. Ogni cliente è diverso, ogni situazione è nuova. E questo rende il mio lavoro vivo.

In che direzione sta andando la tua professione?
Cambia ogni giorno. Ma il mio approccio resta lo stesso: ogni cliente è come fosse il primo. Bisogna reinventarsi sempre, restare curiosi, imparare di continuo.

Qual è il tuo sogno oggi?
Diventare broker. Coordinare, formare, ispirare altri. Ho già gestito diversi uffici, so cosa vuol dire. Mi piacerebbe anche fare formazione, trasmettere quello che ho imparato. Passare il testimone.

Un consiglio a chi vuole diventare leader nel suo campo?
Non si arriva in cima da soli. Ci vuole disciplina, ma anche umiltà. E soprattutto: piedi per terra. La leadership si costruisce con risultati, ma soprattutto con l’esempio.

C’è una novità che vuoi condividere con noi?
Sì. Ho iniziato a frequentare BNI, un’associazione per lo scambio professionale di referenze. Mi sta aiutando ad aprirmi, a comunicare meglio. Sto anche iniziando a farmi conoscere sui social, superando la mia timidezza verso videocamere e riflettori.

Cosa rende REMAX Eccellenze speciale?
È un ambiente che ti sostiene, ti forma, ti valorizza. Giovanni Pascarella, il nostro broker, ha creduto in me. E io ho dato tutto per contribuire alla crescita della struttura. Non è solo business, è anche famiglia, squadra, supporto umano.

Cosa significa per te il premio Italia Best Company?
È un riconoscimento alla mia storia, ai miei sacrifici. Non sono uno da riflettori, ma raccontarmi qui mi ha emozionato. Spero che la mia esperienza possa essere utile a chi ha sogni da realizzare.

Paolo Esposito, da grande cosa vuoi fare?
Continuare a crescere, restando me stesso. Voglio lasciare qualcosa agli altri, essere utile. Fare il “mister”, come nel calcio. Allenare nuove generazioni di professionisti, farle sognare, guidarle passo passo. Con passione e con il cuore.

Grazie Paolo.
Grazie a voi. È stato un momento di riflessione e gratitudine.

Francesco Russo

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