Ti capita per strada che mentre parli la gente ti riconosce, ti ferma?
È molto gratificante, succede continuamente. Il fatto è che tanti anni di radio senza visione probabilmente hanno indotto gli ascoltatori a memorizzare bene il timbro della voce.
Raccontami un’immagine della tua infanzia, della tua famiglia.
È molto legata alla radio. I miei genitori erano di Sant’Angelo d’Alife nell’Alto Casertano, da lì partono per Londra dove si sposano. Io nasco a Londra nel ‘64. La cosa bella è che a casa mia, da piccola, il media più importante della casa è sempre stata la radio. Il contesto familiare in cui nasco era orientato già all’ascolto radiofonico. Ero piccolissima, 3-4 anni, attendevo per tutta la giornata il rientro da lavoro di papà ma c’era un passaggio obbligatorio quando rientrava e dovevo attendere ancora con pazienza: dopo che si era rinfrescato, si accomodava sulla sua poltrona preferita e dovevo avere la pazienza di attendere il termine del suo ascolto radiofonico del notiziario. giù di lì per cui Diciamo da piccoli si incamerano queste sensazioni della serie. Fin da piccolissima ho avuto una incredibile voglia di fare radio e giocavo imitando le voci della radio anche senza saper parlare, mi immaginavo una voce della radio e facevo le mie trasmissioni.
Parlavi in inglese e pensavi in italiano o pensavi e parlavi in inglese?
No, fino ad una certa età ho sempre pensato in inglese e parlato in inglese soltanto poi dopo ho imparato l’italiano. Mio padre decise che voleva tornare nella sua terra, nel 72, e mi sono ritrovata a dover imparare l’italiano. Ho avuto come primo insegnante di italiano proprio mio papà, per sostenere l’esame della seconda elementare. Papà è stato anche il mio primo professore di dizione, mi ha insegnato ad usare le pause, a respirare correttamente, a riconoscere la punteggiatura, a impostare il tono per esprimere un concetto. Nonostante sulla carta avesse solo la quinta elementare, mio padre era molto studioso, molto curioso, quindi da autodidatta ha imparato tantissime cose. Lui è stato molto importante per me, mi ha insegnato come esprimersi e questo è stato uno dei fondamenti del mio lavoro e della mia passione.
Quindi il linguaggio ha accompagnato la tua vita?
Sì, ha avuto un’importanza fondamentale. Intorno alla comunicazione è girato tanto della mia vita, quasi tutto.
Mamma invece?
Mamma mi ha lasciato la sensibilità musicale, una grande rocker tra l’altro, insospettabile considerati i tempi e gli anni a cui ci riferiamo. Preferiva l’irriverenza dei Rolling Stones alla compostezza dei Beatles. che mio padre preferiva. La sensibilità musicale di mia madre era eccezionale, era in grado, in due battute sole, di indicarmi se quel brano sarebbe diventato un successo.
Insegnare la comunicazione cosa significa?
Significa dare una mano, condividere un patrimonio che posso vantare di possedere, un qualcosa che conosco per esperienza diretta, uno strumento che crea connessione, crea rete e comunicazione tra le parti, col mondo. Non possiamo isolarci.
Il tuo primo lavoro.
La radio, niente da fare, non c’è altro. Ho cominciato da subito. Sono finita in onda in diretta una domenica mattina disastrosa direi perché gli amici che mi avevano accolto in questa radio in cinque minuti mi hanno illustrato l’uso delle attrezzature per andare in diretta. Ovviamente non ricordavo niente dopo cinque minuti, partivano le canzoni, però ho colmato tutto allegramente, tutti i vuoti, raccontando esattamente quello che stava accadendo. Quindi la mia prima trasmissione in diretta radiofonica è stato il racconto del disastro radiofonico che stavo combinando. “Bene, seppure non conosco quale tasto devo premere, adesso vi faccio ascoltare questo disco. Almeno la canzone la sentite”. È stato un successo. clamoroso, eccezionale. Da quel momento in poi mi volevano tutte le radio possibili e immaginabili che c’erano nei dintorni. Un giorno una mia amica che era in onda in una emittente di Piedimonte Matese, mi disse vienimi a trovare, facciamo un’intervista. Ho parlato un pochino con la mia amica Luisa che e in virtù della mia conoscenza musicale alta, mi potevo aiutare con degli argomenti, dei contenuti interessanti. Finita la trasmissione, telefona il proprietario della radio. Prendi questa ragazza e bloccala! La devo assumere! E così è stato, mi ha piantato in mano 200.000 lire, che allora era una bella cifra, e mi ha assunto per 20 giorni e quello è stato il mio primo lavoro radiofonico. Nell’85 qualcuno mi ha estorto una registrazione, ho registrato un spot promozionale e l’hanno mandato a Radio Kiss Kiss. Tempo dopo, ero in vacanza, mia madre mi comunica, che qualcuno ha chiamato da Radio Kiss Kiss e vorrebbe incontrarmi. Erano Gianni Simioli e Nino Mazzarino e sono andata ad incontrarli. Dopo una settimana mi hanno messo in onda. è stata un’esperienza veramente forte per me, importante, perché lì c’è stato uno switch, ho capito che stavo entrando ufficialmente nel mondo professionale della conduzione radiofonica.
Qual è una delle esperienze che più ti ha colpito e che ti è rimasta nel cuore?
Tutti mi hanno lasciato qualcosa. e trovo che il mio monte ricchezza è andato sempre più crescendo in questo senso. Anche se non ho scambiato parole con Freddie Mercury, l’ho potuto vedere da vicino. Questo è un bellissimo ricordo. Posso vantare di aver scambiato lo sguardo per un istante con il grande Freddie Mercury, profondeva un’energia importante. Ed è quello che mi ha segnato, quello che mi ha lasciato quell’istante in cui ci siamo scambiati uno sguardo di un millesimo di secondo, e che io ho provato, ho ritrovato tutto quello che immaginavo fosse, ho sentito dolcezza, ho sentito umanità. Ho conosciuto un bel po’ di artisti che ho intervistato. Uno dei primi, che adesso è diventato anche un fraterno amico, il primo che mi ha appellato con una frase che mi ha tanto fatto sorridere “Ciao Negra” è stato Enzo Avitabile. Diceva “la tua voce è negra, hai una voce scura, nera” e che avevo un approccio black, molto black. Ci sta, io lo sento.
Se tu dovessi parlare con una giovane Rosanna che vuole iniziare il mestiere della speaker radiofonica cosa le consiglieresti?
Le consiglierei di acquisire una buona tecnica, prima di tutto. Conoscere bene come funzionano tecnicamente e strutturare delle trasmissioni. Il mio consiglio da essere umano è quello di non rinnegare la propria essenza e la propria personalità. cercando di portarla ad emergere, perché la propria personalità consente la distinzione e fa la differenza. Coltivare l’unicità ed essere il più possibile aderente al proprio pensiero, di non rinnegarlo. A volte si accetta di scendere a qualche compromesso, di cercare con tutte le forze e con tutta la possibile lucidità di capire quando è possibile non scendere a compromessi ed essere fedeli a se stessi. Non bisogna essere se stessi sempre, ma bisogna essere in grado di rappresentarsi il più fedelmente possibile. Rappresentarsi il più fedelmente possibile è bellissimo. Perché c’è un modo per dire le cose che non significa che ne cancelli il vero senso. Puoi dirlo in un certo modo che non disturba la quiete pubblica, ma comunque hai affermato quello che pensi realmente. Quindi il mio consiglio alla giovane conduttrice radiofonica è acquisisci la tecnica e poi fanne quello che vuoi.
Da grande cosa vuoi fare?
Vorrei concludere serenamente il mio percorso radiofonico divertendomi. e continuando a regalare, più possibile, musica e gioia e divertimento.
Grazie Rosanna.
Grazie a voi, è stata una bellissima chiacchierata.
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