Buongiorno a Pasquale Tardino.
Piacere essere qui con voi.
Se tu dovessi definirti con un aggettivo?
Curioso. Curioso delle persone. Fin da quando ero piccolo Una delle cose su cui mettevo sempre l’attenzione è l’osservazione delle persone intorno a me. Mi sono sempre immaginato o cercato di immaginarmi come fosse la vita delle persone che incontravo.
Dietro ogni persona c’è un mondo che spesso non conosciamo, magari a volte giudichiamo, magari a volte interpretiamo nella maniera sbagliata e quindi questa curiosità ritengo sia stato il talento che mi ha portato a esplorare le vie infinite del mondo e farmi trovare ancora qui pronto a esplorare ancora tante strade con la curiosità di quando ero ragazzo. Credo che ognuno di noi ogni tanto abbia fatto qualche errore di valutazione. Viviamo in una società dove si dice non abbiamo la seconda opportunità per fare una prima buona impressione.
Raccontaci un’immagine, un profumo della tua infanzia.
Nel ‘68, momento molto particolare, molto caldo, abitavo vicino a un Istituto Tecnico. Mi affalciavo al balcone e vedevo questi ragazzi per strada protestare, fare cortei e lì per me era una situazione insolita perché vivevo in una famiglia tranquilla con mio padre operaio. Mi incuriosiva il motivo per cui dei ragazzi un po’ più grandi di me fossero talmente insoddisfatti da volerlo gridare al mondo. All’università c’era il movimento studentesco con tutte le varie contestazioni. e ho sempre mantenuto la curiosità dell’osservatore delle cose, non sono mai stato un interventista, uno che faceva le cose attivamente, ma ho sempre analizzato il contesto quasi in maniera sociologica per capirne le motivazioni, i perché. Se mi chiedi quali erano gli odori, e gli odori non potevano essere che quelli di casa mia. Ricordo ancora oggi quando facevo i compiti, li facevo in cucina, i mobili di formica gialla, con la mamma che preparava il pane degli angeli.
Qual è stato il tuo percorso di studi?
Sono passato dal fare l’Istituto Tecnico Perito Elettrotecnico a fare Giurisprudenza all’Università. Poi per non gravare sul bilancio familiare e ottenere l’indipendenza economica, ho rispostato ad un annuncio di lavoro e ho cominciato a fare il venditore. Percò mi vergognavo e quindi ho avuto sempre un po’ di disagio. Devo dire che però ho avuto l’abilità, la capacità, la costanza, la resilienza di sfidarmi nel fare di tutto per vincere quella paura, quel disagio, quella difficoltà e quindi ho scoperto poi pian piano i miei talenti e da lì ho preso coscienza dei miei mezzi. Consapevolezza, questo il messaggio che cerco di dare sempre ai ragazzi oggi. Buttati. Non importa quello che fai. Buttati, comincia. poi una strada la trovi e magari non sarà quella strada che tu pensi possa essere all’inizio, ma da lì nel momento in cui sei in movimento e cominci a fare le cose conosci persone, ti fai conoscere, tiri fuori delle abilità, dei talenti di cui non sei consapevole.
Quando hai iniziato a studiare tecniche di motivazione?
Da avido ed onnivoro lettore, mi sono imbattuto nei motivatori americani. Nel mio ultimo libro, “I dieci formatori che mi hanno ispirato”, si parla di alcuni di essi, Napoleon Hill, Dale Carnegie, Steve Covey, una serie di formatori che hanno rese pubbliche la motivazione e le tecniche di automiglioramento personale. Fino ad allora si studiavano solamente nelle università. L’azienda presso la quale lavoravo mi chiese di creare una task force che girasse l’Italia per risollevare le sorti degli uffici che non andavano bene.
In che modo hai risollevato questi uffici e in che modo si può dare motivazione a qualcuno che non ce l’ha o che l’ha persa momentaneamente?
È un po’ come quando quando arrivano allenatore nuovo: all’inizio si crea subito quella voglia di dimostrare. Io incontravo le persone e non facevo come alcuni miei colleghi che andavano e cambiavano tutto. io mi mettevo a disposizione, il mio approccio era “come ti posso aiutare” e trovavo che le soluzioni loro ce le avevano già. Ancora oggi spesso gli imprenditori mi consultano, mi chiamano, mi chiedono come potrebbero migliorare alcuni aspetti e io una delle prime cose che gli chiedo è ma tu hai provato a chiederlo ai tuoi collaboratori? Tu li ascolti e loro mi dicono no ma figurati se… ma io sai che cosa faccio? Spesso faccio delle analisi di clima cioè chiedo attraverso dei questionari anonimi alle persone come sono le condizioni in cui operano, la motivazione, com’è l’organizzazione, come sono i fattori soft e i fattori hard, cioè la retribuzione, se ci sono incentivi, com’è il sistema di comunicazione in azienda, se fanno le riunioni, da tutti questi aspetti esce fuori un quadro che sono loro, i collaboratori, che hanno già fatto l’analisi aziendale e potrebbero dire agli imprenditori di che cosa hanno bisogno.
All’interno dell’azienda un imprenditore può dare anche di più ai collaboratori, ma se non gli dà esattamente quello di cui loro hanno bisogno probabilmente non riuscirà mai a tenerli motivati. Bisogna creare una forte spinta interna, un forte processo di branding interno dove il collaboratore diventa brand ambassador dell’azienda.
Che cos’è Ram Consulting?
Ram Consulting è una bellissima storia perché possiamo dire che il prodotto è il risultato di tutte le esperienze che ho avuto nella mia vita. Io sono sempre partito da un presupposto, chi viene dopo può diventare meglio di chi c’è già. Perché? Perché osserva conosce le cose che vanno bene e analizza anche le cose che non vanno bene. Quando siamo siamo nati ormai quasi 15 anni fa abbiamo visto che l’imprenditore probabilmente aveva bisogno di un unico interlocutore con cui confrontarsi sia per quel che riguarda l’organizzazione interna, la motivazione del team, la leadership con cui gestire il tutto, che la scena esterna, come proporsi sul mercato, come realizzare progetti commerciali progressivamente vincenti. Abbiamo messo insieme queste due cose e per fare questo chiaramente la prima cosa è scegliere buoni compagni di viaggio. Tra i tanti Dante Ruscello, che è il mio socio, mio partner a tutto tondo e anche lì se vogliamo il risultato del buon lavoro fatto in precedenza perché lo avevo conosciuto in un’azienda cliente e da lì è nata un rapporto, una relazione che perdura ancora oggi e qualche mese fa ci siamo fermati per fare il programma della Ram per i prossimi dieci anni.
Tu fai marketing, fai formazione, vai parli con dei clienti che possono essere professionisti, imprenditori, imprenditrici, startup; molto spesso loro si lamentano di non riuscire a ottenere il risultato che sperano, qual è la prima cosa che dovrebbero fare?
Nelle imprese, io imprenditore, non devo partire. Io devo cominciare pensando dalla fine, da quello che io voglio ottenere, in termini di riconoscimento economico, di posizionamento, in termini di visibilità, in termini di soddisfazione per me e per le persone e mi aiuteranno a raggiungere questo percorso. E al ritroso devo pianificare tutte le azioni in sequenza che mi avvicineranno step by step a questo. Quando ho fatto questo ho un’idea precisa di quello che devo fare. Molte persone si concentrano nella prima fase. e poi arrivano a risultati completamente diversi.
Lascia un messaggio agli studenti di Economia Etica della Federico II.
Buttatevi. Buttatevi. Ribellatevi ai no.
Ai no che ricevete dall’esterno E è i no che vi dite voi stessi, che sono i più pericolosi, i più subdoli. Incominciate a togliere dal vostro linguaggio tutte le frasi che cominciano con no e non. Perché nel momento in cui noi cominciamo una frase con il no e il non, abbattiamo qualsiasi possibilità di farcela. Perché se non hai fiducia tu in te stesso, non troverai mai qualcuno che avrà fiducia in te, sia che si tratti di averti come collaboratore in azienda, sia che si tratti di un investitore, sia che si tratti di un potenziale cliente. E quindi fai la faccia tosta, credi in te stesso, buttati tanto, o vinci, o impari. tutto il resto lascialo agli altri.
Grazie Pasquale.
Grazie a voi.
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