Buonasera Antonino
Buonasera e benvenuti a casa mia.
Tu crei valore per le aziende alimentari italiane, di cosa ti occupi?
Mi occupo di tutto quel che riguarda la distribuzione del prodotto, quindi non in fase produttiva ma di commercializzazione e di distribuzione. Siamo un gruppo di 120 grossisti a livello Italia, quindi copriamo tutte le zone d’Italia.e circa 200.000 bar e tabacchi. Alle aziende leader in Italia in food and beverage diamo un duplice beneficio: la sicurezza della distribuzione in canali giusti e le condizioni migliori d’acquisto rispetto al mercato, grazie alla forza contrattuale di 120 grossisti.
Avendo 200 mila punti vendita, in che modo lanciate un prodotto e gli create un mercato ad hoc?
Noi abbiamo dei prodotti che hanno tutti, per esempio il Kinder Bueno, l’uovo di Colombo è questo: faccio una promozione dove a fronte dell’acquisto di un cartone di Kinder Bueno, ti do in omaggio un prodotto nuovo che automaticamente sarà distribuito in 2000 rivendite. Così il prodotto viene visto e viene assaggiato. Un altro vantaggio è che noi possiamo dare la risposta in tempo reale alle aziende perchè abbiamo il rapporto diretto con il trader. Per lanciare un prodotto bisogna avere quattro step: pianificazione del prodotto, programmazione, attuazione e verifica. Noi facciamo questi quattro step in una settimana.
Come hai iniziato questo lavoro?
Per caso. Io nel 1976 mi sono iscritto in ingegneria a Milano dove ho dato anche 8 esami. Andava anche abbastanza bene. Per un caso fortuito, in treno, conosco un signore molto ben distinto, Gianni Lenti, amministratore delegato della Nestlé. Lui era il presidente di una società che si chiama IFOA, Istituto di Formazione di Operatori Aziendali, e faceva dei corsi per esperti nel settore vendita e marketing e mi invita a partecipare. Sono andato a fare i test di ammissione, sono stato ammesso e lì è iniziata la mia storia perché sono stato subito assunto da Barilla.
Cosa ha rappresentato Barilla per il paese Italia?
Ho conosciuto la Barilla ad inizio anni 80 ed era stata venduta agli americani. Ma loro avevano praticamente rovinato la Barilla, perché invece della semola di grano duro per fare la pasta, per guadagnare di più, utilizzarono il semolato, un sottoprodotto della farina di scarsissima levatura. La Barilla era andata a picco e Pietro Barilla, la ricomprò ad un prezzo irrisorio quattro anni dopo averla venduta. La Barilla era un’azienda che all’epoca non guadagnava, ma hanno trovato uno studio Marketing Oriented che poi ha portato alla creazione del “Mulino Bianco”. Il consumatore italiano voleva un prodotto naturale e veloce.
Nel pre-intervista mi hai parlato di alcuni prodotti e consorzi, come il Prosecco, il prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano. Illustraci la natura di questi consorzi, come sono nati, come sono strutturati e come fanno a unire tantissimi produttori diversi in un unico brand.
è un discorso di persone, di mentalità. Al sud, abbiamo delle eccellenze come prodotti, però non riusciamo a proporli come dovremmo fare. Noi abbiamo la mozzarella che è un prodotto d’eccellenza, la migliore del mondo. Però la mozzarella più venduta in Italia è la “Vallelata” di Galbani o la “Santa Lucia” di Locatelli. Perché questa gente fa la pubblicità in televisione, crea il prodotto, va nelle grandi distribuzioni. La nostra mozzarella, se ci sta, sta in 100 punti vendita diversi, con 100 marche diverse. Questo che cosa vuol dire? Se io sono un produttore di mozzarella di bufala compro il latte per una produzione, se io fossi 500 produttori misti insieme, a comprare il latte, il prezzo lo faremmo noi con condizioni migliori. I macchinari comprati insieme costerebbero di meno ci sarebbe un abbassamento di costi per tutti.
Che consiglio puoi dare ai piccoli produttori dell’agroalimentare che hanno prodotti d’eccellenza ma in una nicchia ristretta?
Il consiglio che posso dare, l’hai detto già tu, è la nicchia di mercato. Chi lavora in una nicchia, lavora da solo, quindi con profitti molto alti, con fatturati molto bassi. Se si lanciasse in un mercato più largo non sarebbe più una nicchia e avrebbe a che fare con la concorrenza e abbassare il prezzo. Abbassando il prezzo abbasserebbe i profitti, quindi non gli converrebbe. Chi lavora in una nicchia di mercato, in tutti i settori, dall’oro al food, al beverage, deve lavorare nei prodotti di nicchia e fermarsi là perché affrontare un mercato molto ampio, molto grande vuol dire fare investimenti pazzeschi.
Se tu dovessi dare un messaggio ai giovani, cosa diresti loro?
Il mondo cambia veloce e perciò dico che il mondo deve essere dei giovani. L’Italia purtroppo è una nazione gerontocratica. I vecchi sono quelli che vogliono far fermare tutto per mantenere il proprio stato sociale. Invece bisogna investire sui giovani, sugli universitari, sui ragazzi. Perché il giovane ti dà ambizione, ti dà voglia di fare, ti dà sicurezza, ti dà continuità, ti dà allegria. Una persona che fa un lavoro da cent’anni, qualsiasi tipo di lavoro, lavora sull’esperienza, e chi lavora sull’esperienza non va mai bene, perché l’esperienza potrebbe anche essere negativa. Ai giovani dico: Abbiate coraggio, chi cade, ed io sono caduto diverse volte, si rialza sempre: abbiate coraggio e fate quello che nella vita più vi piace fare, perché il lavoro è una cosa che vi tiene insieme più di vostra moglie o della vostra compagna. Una persona che fa un lavoro che gli piace è felice due volte. Fare un lavoro alienante, un lavoro che non ti piace, vuol dire vivere l’80% della tua vita male.
Qual è la percezione dei prodotti italiani all’estero, il “Made in Italy”?
Quello che noi facciamo male è quello di proteggere i nostri prodotti. Gli americani, per esempio, che cosa fanno? Usano il marchio, gli mettono l’®, il copyright e proteggono i loro prodotti. A livello di food, noi siamo i migliori al mondo, non c’è niente da fare. Ma siamo disuniti, l’Italia comunque ancora oggi è una nazione con tante piccole fazioni, noi siamo ancora con i Ducati, le Contee, quartiere e quartiere, non abbiamo il discorso di squadra, cosa che hanno in altre nazioni. Il problema che abbiamo, soprattutto in Campania, è che non si ha fiducia nelle altre persone.
Parlando di te, quanto lavoro fai a livello introspettivo per stare ogni giorno al passo con i cambiamenti del mondo?
Diciamo che oggi lavoro molto più riflettendo su quello che faccio. Una volta avevo molto meno riflessione e più azione. Oggi ho più riflessione che azione. Questo è dovuto anche al discorso di età.
Immaginiamo che tu oggi fossi il Sindaco di Napoli. Qual è la prima azione che faresti?
Partirei dalla riqualificazione delle periferie, che è per me la prima cosa. Non ci sono posti di aggregazione per i giovani. I giovani non hanno cinema, non hanno teatri. La cosa più importante é la cultura, quella che ci fa uscire fuori da tutto. Una persona che è colta, a cui piace la bellezza, non penserà mai a fare dispetto alla persona di fronte.
Ultima domanda prima di terminare questa piacevole chiacchierata. Ma tu da grande cosa vuoi fare?
Diciamo che io ho tanti sogni. Vorrei un pochettino tirare il freno. Mi piace molto viaggiare, quindi io fra un paio di anni dedicherò al lavoro il 50% del tempo e l’altro 50% ai miei hobby, per esempio dipingere.
Antonino grazie per questa intervista.
Sono io che ringrazio voi per tutto.
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