Benvenuta Marianna.
Grazie, Pierluca. Sono felice di essere qui con voi.
Chi è Marianna Di Lanna?
Una persona che ha viaggiato, metaforicamente parlando. Navigo in un mare di opportunità, seguendo la mia rotta. Sperando di arrivare alla mia meta.
Ci regali un’immagine della tua infanzia?
Mio padre, Guglielmo. Mi ha trattata come una principessa. Portavo anche il nome della mia amata nonna. Mio padre è stato una guida: esempio di professionalità, affetto, e forza. Mi ha insegnato cosa significa essere “top”, e io cerco ancora oggi di renderlo fiero, anche se non c’è più.
Quali valori ti ha trasmesso?
La caparbietà, la forza gentile, la volontà di riuscire. Era un pioniere nel Sud Italia: ha creato un’azienda dal nulla, negli anni ’70-’80. Il suo volto era sempre presente, senza maschere.
C’è un episodio che ti ha colpito vedendolo lavorare?
Ero all’università e d’estate andavo in azienda. Mio padre odiava la tecnologia, io lo aiutavo. Iniziai a usare SAP. Ricordo il suo stupore quando capì che sapevo leggere uno spare parts. Mi disse: “Wow, ti sei imparata pure tu?”. Io volevo essere come lui.
Cosa volevi fare da grande?
La ballerina, poi la dottoressa. Studiai per entrare a Medicina, non passai. Scelsi Farmacia, anche per competizione con mio fratello ingegnere. A Milano, con il mio compagno, ho scoperto la mia vera vocazione: il mediatore del credito.
Differenze tra Napoli e Milano?
Milano ti carica se sei predisposto. Precisione, ritmo, professionalità: ti ispirano a dare il massimo. Umanamente è diversa, ma ho incontrato amici veri. Basta essere sinceri.
Il tuo primo lavoro?
Call center outbound. Era stressante, ma formativo. Ho capito che vendere non significa solo proporre, ma ascoltare, valutare, avere coscienza. La chiarezza premia sempre.
C’è un ricordo che porti con te?
Una signora con problemi motori mi raccontò la sua solitudine. Le spiegai che la tecnologia poteva aiutarla a superare il muro dell’isolamento. Quel giorno capii quanto sia potente ascoltare.
Il tuo primo stipendio?
Era appena entrato l’Euro. Feci shopping e tornai a casa con il portafogli vuoto. Da lì imparai a risparmiare. Prima il salvagente, poi gli sfizi.
Quando hai fatto il grande cambiamento?
Quando con mio fratello Giuseppe fondammo la Waters Technology. Ero la parte femminile. Volevo emergere, non per vanità, ma per contribuire. Ricordo il mio primo ordine da 30.000 euro: un successo inaspettato.
Hai avuto la stima di tuo padre?
Solo quando si è ammalato. Origliai una sua conversazione con un infermiere: disse che io ero quella che gli somigliava di più, la più forte. Non me lo disse mai direttamente. Ma oggi so che sarebbe fiero.
Che consiglio dai ai giovani che non sentono il “bravo” dai genitori?
Abbracciateli. Non sempre le parole servono. Uno sguardo, un gesto valgono di più. Mia madre è una donna di ferro: non sempre capisce la mia “moto perpetuo”, ma mi vuole bene.
Quanto contano le radici?
Tantissimo. Papà lavorava tanto, ma io volevo lui, non i regali. Sentivo il suo odore nell’ascensore. Le mie radici sono il mio DNA, un mix che mi rende quella che sono.
E l’umanità?
Fondamentale. Ogni persona ha una propria umanità. Dobbiamo espanderla, non rinchiuderla. Evolversi, non cambiarsi. La formazione parte dalla curiosità. Anche oggi, in questa intervista, imparo.
Napoli, Milano, e poi di nuovo Napoli. Cosa hai tratto da queste città?
Milano mi ha fatto crescere, mi ha scosso. Mi ha tolto tempo per me, per la cucina. Ma mi ha insegnato ad adattarmi. A Napoli c’è più lentezza, ma anche più cuore.
Parliamo del tuo lavoro.
Faccio la mediatrice del credito. Aiuto le persone a realizzare sogni possibili. Se una famiglia ha due figli e vuole una rata di 1.100 € al mese, preferisco dirgli di no. La realtà va compresa, non venduta.
L’educazione finanziaria?
Serve urgentemente. La gente pensa che il sito online sia veritiero. Non è così. Esistono criteri: lavoro, risparmio, passato creditizio. Il rating si basa su tutto questo.
Quali sono i desideri principali dei tuoi clienti?
La casa, il mutuo. Il mattone è il nostro rifugio. Ma ci sono anche sogni più piccoli: un papà che vuole regalare una festa di 18 anni alla figlia, o finanziare cure dentistiche. Tutto parte dal cuore.
Hai avuto dei mentori?
Sì. Il mio ex marito, esperto broker. La mia amica Simona Ritondale, un faro. E Stefano Grassi, presidente Affida: ha creduto nella mia fame di crescita.
Cos’è Affida per te?
Casa. Futuro. Una rete di professionisti che vogliono realizzare sogni. Io non mi sento una leader, ma una donna che crede in se stessa.
Un consiglio a chi vuole intraprendere il tuo lavoro?
Curiosità, sacrificio, indipendenza. Devi far crescere il tuo lavoro come un figlio.
Cosa ami di più del tuo lavoro?
Le persone. Ogni incontro ti cambia. Ti lascia un pezzetto di sé.
Come ti vedi tra tre anni?
Più grande, più magra (forse), ma sempre me stessa. Circondata da positività, amici sinceri e sogni da realizzare.
Perché scegliere te per un finanziamento?
Perché ascolto, preparo, accompagno. Faccio consulenza sartoriale. Non è un incontro da 10 minuti. È un cammino insieme.
Italia Best Company: cosa significa per te?
Un trampolino. Una galassia in cui ognuno può brillare. Io voglio essere una stella, con la mia luce.
Le relazioni nel tuo lavoro?
Fondamentali. L’immagine conta, ma conta ancora di più chi sei. La tua storia, i tuoi valori.
La tua evoluzione?
Una rivoluzione. La mia crescita è un viaggio. Una piccola zattera che vuole diventare l’Amerigo Vespucci.
Essere donna, limite o risorsa?
Una forza. Sono cresciuta tra uomini, ma ho saputo tenere testa. La delicatezza è una forma di forza.
Si vince o si impara?
Sempre si impara. La vita è un tavolo da blackjack: osserva, guida e fai il tuo gioco.
Un messaggio ai giovani?
Non chiedetevi se è giusto o sbagliato. Guardate chi eravate, e credete nei vostri sogni. Non siate sterili, ma unici. Sbagliate, imparate, vivete.
Vuoi ringraziare qualcuno?
Mio padre, mia madre, la bambina che sono stata. E la mia gattina Muffina, che mi aspetta a casa. La mia porta fortuna.
Grazie Marianna.
Grazie a voi.
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