Gianluca di cosa ti occupi?
Gestisco un impianto di distribuzione carburanti a Scampia, in un’attività che la mia famiglia porta avanti da tre generazioni, da oltre 65 anni.
Un’eredità importante. Quali sono i tuoi primi ricordi legati a quest’attività?
Mio padre iniziò vendendo benzina in lattine da 5 o 10 litri. Mio nonno lavorava per la Esso e ricevette alcuni impianti. Siamo passati da Piazza Municipio fino a Scampia, dove siamo dal 1972.
Che valori ti ha trasmesso questa lunga esperienza familiare?
Onestà, rispetto per il cliente, cura del servizio. Mio padre diceva sempre che il cliente viene prima di tutto, anche con piccoli gesti come pulire il parabrezza. Onestà e disponibilità sono elementi imprescindibile per la fidelizzazione e la reputazione aziendale, soprattutto in settori competitivi come quello dei carburanti.
Qual è la richiesta più assurda che hai ricevuto?
Alcuni chiedono di fare benzina a credito lasciando la carta d’identità, anche per pochi euro. È diventata quasi routine. Spesso mi chiedono consigli quando devono acquistare l’auto, sia sulla marca che sul modello o l’alimentazione. Una volta qualcuno mi chiese consigli anche su un mutuo!
Da piccolo cosa sognavi di fare?
Il carabiniere, come i miei nonni. A 18 anni ho prestato servizio e avrei continuato, ma mia madre mi fece rientrare perché ero stato destinato a Palermo negli anni difficili della mafia.
Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?
Un profondo senso dello Stato e della legalità. Ancora oggi mi sento parte dell’Arma. È stato un anno intenso: 37 arresti, tutti per passione e dedizione.
E a livello di studi?
Ho un diploma come tecnico riparatore TV e radio.
Hai detto che prima di dedicarti all’impianto di carburanti hai lavorato anche nel settore orafo. Come è iniziato?
Dopo il congedo dall’Arma, ho lavorato per 8 anni con i parenti di mia moglie che avevano un ingrosso di oreficeria. Poi ho aperto un mio ingrosso, che ho gestito per 4-5 anni nei primi anni 2000. Eravamo raccoglitori: andavamo dai fabbricanti, chiedevamo l’esclusiva di certi prodotti e li rivendevamo ai grossisti di Napoli.
Vi occupavate anche di design?
Sì, negli anni ’93-’94 abbiamo lanciato i braccialetti in caucciù e oro con smalto. Li facevamo produrre ad Arezzo ed ebbero grande successo.
Com’era il lavoro artigianale allora?
Tutto a mano: modelli in cera, saldature col becco Bunsen. Oggi è tutto digitalizzato, ma allora era un’arte vera. L’artigiano doveva studiare ogni materiale e tecnica. Seguivamo la borsa metalli ogni giorno. Ma poi, con l’instabilità geopolitica, ho deciso di cambiare strada.
Il passo successivo è stato l’impianto di carburanti?
Si, nel 2000 mio padre andò in pensione e fu il momento di fare una scelta o cedere l’impianto a qualcun altro o continuare io. A quel punto mi sono detto, mio padre ha fatto tanti sacrifici per tanti anni, non posso abbandonare i suoi progetti e i suoi programmi perché comunque alla fine il proprio genitore fa sempre dei progetti e dei programmi per i figli, a volte anche senza dirgli niente, sperando che i figli gli diano la soddisfazione di proseguire la propria attività.
Come hai trasformato l’impianto ricevuto da tuo padre?
Ho chiesto subito una ristrutturazione per modernizzare tutto. Ho ampliato i servizi: ricariche, snack, accessori, tabacchi. I clienti trovano da me quasi tutto.
Consiglieresti oggi di aprire una stazione di servizio?
No. Siamo in un periodo di transizione. L’elettrico è sopravvalutato, ha un impatto ambientale nascosto. Io credo nel futuro dell’idrogeno.
Parliamo della tua seconda grande passione: il calcio.
Ho una scuola calcio con una struttura importante. L’ho creata per mio figlio, che è allenatore UEFA. Ma anche per dare una possibilità ai ragazzi del quartiere. Esserepresidente di una società e proprietario di una struttura mi impegna tantissimo ma mi da grandi soddisfazioni.
Lo fai anche per fini sociali?
Sì. Molti bambini non pagano nulla. Aiutiamo famiglie in difficoltà. Ho il supporto di amici e sponsor. È una missione più che un business. Lo sport può essere strumento di crescita, solidarietà e sostegno, conciliando la formazione tecnica con la responsabilità sociale verso i giovani meno fortunati.
Che valori trasmetti nello sport?
Rispetto, gioco di squadra, empatia. Dico sempre: non contano solo le medaglie. Fermatevi se qualcuno si fa male. Aiutate l’avversario. Sono valori che spesso mancano.
Hai avuto ragazzi che ce l’hanno fatta?
Sì, due giocano nei professionisti. Vengono ancora a salutarmi, regalano le maglie, motivano i più piccoli. È una grande soddisfazione.
Cosa pensi della presenza massiccia di stranieri nel calcio?
È una questione fiscale. Le società sono incentivate a prendere stranieri. I vivai italiani dovrebbero essere più tutelati.
Cosa faresti se fossi nella FIGC?
Ripristinerei il premio di preparazione per le scuole calcio e le piccole società dilettantistiche. In passato, chi formava un giovane calciatore aveva diritto a un riconoscimento economico quando questo passava a una squadra professionistica. Oggi, invece, quel contributo è stato eliminato per tutte le categorie tranne Serie A e Nazionale. Questo penalizza fortemente le realtà locali, che spesso operano senza sponsor e con risorse limitate. Senza quel sostegno, diventa difficile continuare a investire nella crescita dei ragazzi. Il premio non era un guadagno, ma un mezzo per reinvestire nella struttura, nei tecnici e nei materiali. La Federazione torni a valorizzare le società di base, veri motori della formazione sportiva e sociale.
Nella vita si vince o si impara. Tu hai più vinto o più imparato?
Nella vita si può vincere, ma solo imparando e assimilando. Serve umiltà, anche se si è i migliori. Silvio Berlusconi è stato l’esempio di uomo che ha saputo costruire tanto senza mai ostentare. è stato un personaggio insostituibile, capace di dare una vera svolta all’Italia. L’ho ammirato per la sua concretezza: “non si metteva medaglie per cose che non aveva fatto, ma diceva ‘faccio questo’ e lo realizzava”. Berlusconi ha dimostrato che anche chi parte da zero può diventare qualcuno, semplicemente credendoci davvero. Dal punto di vista calcistico lo considera “indiscutibile”, per tutto ciò che ha ottenuto con il Milan.
Qual è il tuo messaggio ai ragazzi affinché possano vincere non solo la partita che giocano, ma la partita della vita?
Ai miei ragazzini, ai miei bambini, dico solo una cosa, credete in quello che fate e non credete in quello che vi dicono di credere. Dovete credere ai vostri mezzi. Perché i vostri mezzi sicuramente vi possono portare ad una carriera importante se avete le qualità per fare carriera. Non pensate a quelli che vi vengono a dire “io ti porto, io ti faccio, io ti dico” perché nel 99% dei casi sono solo barzellette.
Da grande, cosa vorresti fare?
Sono stanco. Il mio lavoro occupa tutta la giornata. Ho tante idee, ma manca il tempo.
Un messaggio agli studenti della Federico II?
Studiate con impegno. Studio, impegno e fiducia in sé stessi sono chiavi per superare la fatica e realizzare i propri progetti. Educazione e perseveranza sono fonfdamentali. Collaborate, condividete, fate rete. È così che mia figlia è diventata medico ed è cresciuta anche come persona.
Gianluca, grazie.
Grazie a voi.
Francesco Russo
